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- Posted by Carolina Lucchesini
- Categories Blog
- Date 19 Gennaio, 2021
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Uscire dai social media e costruire un mondo fuori. Siamo pronti?
Una riflessione che parte dal mondo dello sport, uno tra i luoghi in cui si sperimenta di più, e che si estende a tutte le altre zone del digitale.
Che cosa succederebbe se un giorno aprissimo gli occhi e ci ritrovassimo in un mondo in cui squadre, associazioni, federazioni, enti sportivi non fossero più in quei luoghi in cui li abbiamo sempre trovati? Via da Facebook, Twitter, Instagram e compagnia bella.
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Si tratta chiaramente un pensiero, un’idea, quasi una provocazione. Che, però, mette in evidenza un piccolo grande rischio: quello di affidare la propria strategia di comunicazione ad un algoritmo la cui proprietà, sviluppo e destino appartiene a qualcun altro. Una società terza, un’azienda che ha altri fini dai nostri, per la quale siamo utenti paganti con poca voce in capitolo.
Eppure “uscire dalle piattaforme”, oggi, per chi lavora nel mondo della comunicazione sembra quasi una parolaccia. Non è un argomento nuovo: si tratta del walled garden e già nel 2016 Alberto Puliafito scriveva su Slow-News:
«Facebook ti vuole tenere lì. Se trovi un modo utile al tuo business per starci, fallo. Se no, meglio costruire il tuo stadio di proprietà. Che, se vuoi, è un misto fra il walled garden e il farsi distribuire i propri contenuti».
Le cose non sono cambiate, anzi. Sono diventate quasi urgenti. Ecco perché nello sport, ovvero uno dei campi dell’intrattenimento in cui si sperimenta maggiormente (e, diciamolo: in cui ci sono anche più soldi a disposizione) si sta piano piano puntando sulla comunità, sui contenuti e sulle persone, più che sulla tecnologia.
LO STADIO DIGITALE DI PROPRIETÀ
Sempre più si nota la tendenza in cui il Club Media diventa distributore, oltre che produttore, di contenuti. Questo vuol dire che è la squadra, la federazione, l’ente in prima persona a veicolare i propri contenuti, senza passare da piattaforme terze.
Squadre di calcio come il Manchester United, federazioni come la NFL o la UEFA chiedono ai proprio tifosi di riempire lo stadio digitale di proprietà in cambio di una mail, di dati, di un abbonamento. Uno stadio digitale di proprietà, per intenderci, è molto simile a uno stadio “in mattoni”. Si ha la stessa completa gestione delle risorse, si ha la stessa possibilità di analisi dei dati e dei comportamenti, si ha la stessa agilità nel progettare e veicolare messaggi coerenti.
È un modo per creare un rapporto ancora più stretto con le personas dello sport, con le persone che scelgono di abbonarsi in cambio di un accesso maggiore, dell’anteprima, dell’esclusività reale.
ACCESSO=FEDELTÀ
Ecco un altro pilastro: l’accesso. Più vicino posso andare all’azione, più sono disposto a pagare, a farmi conoscere, a mettere a disposizione i miei dati di consumo, navigazione, acquisto.
Ci sono due esempi su tutti che riguardano l’accesso e lo stadio digitale di proprietà: la Juventus e il Leeds United.
Nella serie Netflix “First Team: Juventus”, uscita nel 2018, si vede subito quanto poco sia stato possibile entrare nel cuore della narrazione, quasi come se tutto fosse mediato, studiato. E anche le recensioni dei più accaniti tifosi juventini non sono state del tutto lusinghiere.
A poco è servita un’operazione di co-marketing con Netflix se poi non c’è un riscontro reale tra coloro che possono consumare questo prodotto, ovvero gli appassionati di calcio bianconeri (e non solo).
Discorso totalmente opposto, invece, si può fare per “Take Us Home”, Amazon Original, che ha messo al centro Marcelo Bielsa e la squadra inglese del Leeds, in un lungo e tortuoso cammino verso un riposizionamento sportivo e societario.
Questi due casi nascono e si sviluppano fuori dai social media. Li sfruttano, certo, per campagne di comunicazione e marketing.
Ma per ottenere una distribuzione ottimizzata e portare ulteriore monetizzazione al proprio club c’è un modo infallibile: fare in modo che i tifosi siano allo stesso tempo i tuoi editori e fruitori dei contenuti. Questo vuol dire prendere del tempo per curare la propria community, i propri tifosi e trasportarli in un’altra rete sociale con regole, accesso dedicati e nei quali ci si riconosce al 100 percento.
È il tuo stadio digitale di proprietà. Ed è quello che in moltissimi stanno già costruendo.
Ecco, ora prendi questo discorso ed esportalo a qualsiasi altro settore o argomento che tu possa comunicare. Lo stadio digitale di proprietà può ospitare tutti.
Ti aspettiamo via mail, tutte le settimane.